martedì 9 maggio 2017

Alla fine ci vuole anche molto coraggio per tornare indietro quando è necessario

Bike Trip 24/25.04.2017 Parte 3 di 3 (Perugia - Assisi - Taranto)


È finita! come succede sempre...fran!

se sei Quì perchè ti ci hanno mandato, allora devi passare prima da Quò e poi da Quà.

Fran! Sempre quel maledetto fran! Sempre. Anche quando lo sai. Anche quando te la sei andata a cercare e non poteva esserci epilogo diverso... Fran! Il chiodo ha ceduto in un McDonald's sul GRA alle 18.55 circa. Del 24 Aprile 2017. Quando l'ho sentito mi si è chiuso lo stomaco, e l'ultimo nugget è finito nel cestino. In macchina non ho da pedalare, il mio amico non mi lascia guidare, la stanchezza e la tristezza fisiologica che accompagnano ogni rientro sono complici di un silenzio strano tra noi, l'iPhone è quasi scarico e non voglio vivere l'ansia di stare col telefono spento (ci manca solo quella). È il momento di fare i conti con me, di parlare con il mio chiodo.

Sai cosa devi fare? Devi prendertene cura. Non è difficile, se non vuoi che il quadro cada, tu lo prendi, con molta calma lo rimuovi da quel chiodo, lo posi sul letto (già che ci sei dai una spolverata sulla parte superiore della cornice, lì dove non ci arrivi mai quando è appeso), controlli che il chiodo sia ben saldo alla parete, se non sei sicuro, se qualcosa non ti convince, lo cambi, fai un altro buco un po' più su... No!!! non lì! non troppo vicino all'altro. Li la parete é debole. Ancora più su... ecco, lì va bene. Perfetto... Riappendi il quadro al nuovo chiodo su un punto solido della parete. Ottimo lavoro!... 
FRAN!!! 

Prima del McDonald's sul GRA ho attraversato Roma in treno. Da Tiburtina a Fiumicino. Come l'anno prima. Ripercorro sui binari  una città che ho attraversato esattamente 12 mesi prima tra i racconti di una mezza vita non mia, ma che un po' mi è appartenuta. Attraverso Roma su un treno e 2 ruote stanche accanto alla mia poltrona, mentre l'anno prima la compagnia era di altre 2 ruote di rombante acciaio e dell'amore. Roma mi scorre davanti agli occhi e oltre il finestrino riesco a mettere a fuoco il viso rotondo di quando l'ho incontrata dieci anni prima, riesco ad ascoltare i suoi silenzi e rivivo l'emozione nel non essere riuscito a parlarle. Neanche una battuta scema delle mie. Riuscivo solo a non scollare gli occhi dal suo piercing e da quel taglio di capelli del cazzo. Ricordo e rido.

È la sera prima dell'ultima partenza e si cena con del Sushi, Domani Si arriva ad Assisi e poi si torna a casa.
Non siamo ancora decisi su come si evolverà l'ultima giornata. Se restare una notte o partire. Sono già ansioso. non riesco neanche a decidere cosa e dove mangiare, il mio compagno d'avventura è il mio migliore amico, mi vede "nel panico" e si diverte a lasciarmi prendere le decisioni... in realtà ha agito così per quasi tutto il viaggio, ma oggi non ci riesco. Ok Sushi. i minuti in cui ha atteso la mia risposta mi sono sembrati ore... ore in cui non riuscivo a rispondere ad una domanda semplice, ore in cui il suo sorriso rispetto al mio irrazionale panico mi metteva ancora più panico. Domani partiamo. Partiamo per l'ultima tappa. L'ultima salita. Si. Sushi. "Lo completerai il tuo percorso di conversione" mi dice ridendo. Sono partito con la migliore compagnia per questo viaggio, forse la migliore compagnia in assoluto. Ci conosciamo da una vita, ma siamo "amici" solo da meno di una decina d'anni. A lui è affidata la crescita spirituale di mio figlio. Mio figlio che porta anche il suo nome. L'affidabilità e la responsabilità di un padre perfettamente shakerate con un perfetto e stupido compagno di giochi. Questo è l'amico mio. Uno che non te la manda a dire ti lancia addosso tutta la merda che ti meriti con quella cinica faccia di cazzo. Sushi. è passato il panico. in questi giorni grazie a lui i momenti di depressione, ansia, panico sono durati sempre meno. Oggi è più difficile. ma è passato. Sushi, poi un gelato e a letto.
La mattina si parte presto, tocca di nuovo a me decidere che strada fare. quella con meno dislivello è la superstrada. Mi affido completamente al gps, e sbaglio. La superstrada è velocissima. trafficatissima, piena di quei camion randagi ai quali siamo scampati il giorno prima. Una Galleria, sono davanti, la imbocco per primo. I camion sfrecciano a 30 cm da me e "suonano"; il claxon dei camion nella galleria rimbomba e assorda. lo spostamento d'aria provocato da questi "giganti" mi spintona violentemente. Sembra di pogare, Cado. Per fortuna verso la parete della galleria, e non sulla strada. I claxon diventano più intensi, mi rialzo, tiro su la bici, guardo il telefono, due chiamate perse (forse posso anche controllare chi è tra qualche minuto). Non sono arrivato neanche a metà della galleria, il mio gregario si è fermato prima, è già fuori; io devo girare la bicicletta e tornare indietro...contromano; mentre lo faccio una pantera accende i lampeggianti. non sono ancora fuori che ha già fatto il giro e ci viene incontro; "Non potevate restare a Taranto a mangiare le cozze?" 

- Quando viaggi in bicicletta quasi tutti ti sono amici, anche la polizia - ci aiutano a rimettere le bici in strada e ascavalcare il guardrail, ci danno qualche consiglio sul percorso da intraprendere e ci augurano buon viaggio.

Tornati nella città provo a cercare nuovamente un percorso migliore sullo smartphone. Il mio amico questa volta non me lo lascia fare, prende la situazione in mano chiedendo informazioni ai passanti; "vedi? spegnilo quel coso!" Sono solo 30 chilometri, ma attraversiamo diversi borghi, ed in ognuno di questi troviamo qualcuno a cui chiedere come arrivare ad Assisi senza prendere la superstrada. Arriviamo sotto Assisi mancano una manciata di metri prima di iniziare i tornanti che ci porteranno su. Alla meta. alla...
FINE


* “A me m'ha sempre colpito questa faccenda dei quadri. Stanno su per anni, poi senza che accada nulla, ma nulla dico, fran, giù, cadono. Stanno lì attaccati al chiodo, nessuno gli fa niente, ma loro a un certo punto, fran, cadono giù, come sassi. Nel silenzio più assoluto, con tutto immobile intorno, non una mosca che vola, e loro, fran. Non c'è una ragione. Perché proprio in quell'istante? Non si sa. Fran. Cos'è che succede a un chiodo per farlo decidere che non ne può più? C'ha un'anima, anche lui, poveretto? Prende delle decisioni? Ne ha discusso a lungo col quadro, erano incerti sul da farsi, ne parlavano tutte le sere, da anni, poi hanno deciso una data, un'ora, un minuto, un istante, è quello, fran. O lo sapevano già dall'inizio, i due, era già tutto combinato, guarda io mollo tutto tra sette anni, per me va bene, okay allora intesi per il 13 maggio, okay, verso le sei, facciamo sei meno un quarto, d'accordo, allora buonanotte, 'notte. Sette anni dopo, 13 maggio, sei meno un quarto, fran.
Non si capisce. È una di quelle cose che è meglio che non ci pensi, se no ci esci matto. Quando cade un quadro. Quando ti svegli un mattino, e non la ami più. Quando apri il giornale e leggi che è scoppiata la guerra. Quando vedi un treno e pensi io devo andarmene da qui. Quando ti guardi allo specchio e ti accorgi che sei vecchio. Quando, in mezzo all'Oceano, Novecento alzò lo sguardo dal piatto e mi disse: "A New York, fra tre giorni, io scenderò da questa nave". Ci rimasi secco. Fran.”

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